sabato 12 gennaio 2013

Storia Alaia (Italian)



Una ricerca antropologica sulle radici dello stile moderno

Alcuni studiosi sostengono che la prima forma di wave-riding fosse quella praticata dai pescatori peruviani del periodo preincaico, a bordo di rudimentali bodyboard costituiti da fascine legate chiamati Caballitos. È dimostrato però che la sagoma allungata e stretta delle tavole attuali, così come lo stile hot-dog, derivi dagli Alaia, le leggere tavole di legno lunghe da 7 a 12ft diffuse tra gli strati bassi della società polinesiana fino a tutto il XIX secolo.

Grazie ad una prua rotonda, ai bordi molto sottili (un pollice circa) e ad una larga poppa senza pinne, gli Alaia erano molto più manovrabili e divertenti degli Olo (lunghi circa 16ft e spessi 6 pollici) in uso tra i reali fino al XVIII secolo. Del resto le condizioni di utilizzo erano completamente differenti per i due modelli. Mentre la nobiltà Ali'i praticava surf in piedi, su onde pulite e regolari (di solito point-break lontani dalla riva e con un canale di acqua profonda ben definito), i surfisti delle classi più basse avevano più dimestichezza con le veloci onde dei beachbreak che cavalcavano in piedi o proni su tavole molto meno ingombranti. Il successo degli Alaia, dalla Polinesia al Giappone (dove erano chiamate Itaka), testimoniato in numerose foto e stampe, è dovuto proprio alla loro funzionalità tra le risacche. Anche lo stile hot-dog con cui gli Alaia venivano surfati, differiva molto da quello lento e pesante imposto ai re dai pesanti Olo. Esiste una parola specifica per definire lo stile consono a agli Alaia: Lala. Questa parola hawaiana, indica il gesto di tagliare l'onda conficcando il bordo della tavola nella parete libera per poi lasciarsi scivolare (vista anche l'assenza di pinne) nella sezione più cava e potente dell'onda con uno slide controllato. Prima degli studi sulle tavole antiche svolti nel 2004 da Greg Noll e Tom Wegener al Bishop Museum di Honolulu, il mondo del surf aveva praticamente dimenticato lo stile Lala. I due studiarono e rilevarono le misure precise dei dieci Alaia in esposizione. Le loro fedeli riproduzioni negli ultimi quattro anni hanno destato la curiosità di surfisti e appassionati di surf-culture dagli Stati Uniti all'Australia. Il primo a riportare queste antiche tavole tra le onde è stato proprio Tom, da anni impegnato nella ricerca di materiali alternativi alla plastica e nel rilancio di shape e stili del passato. «Ad essere sinceri, cavalcare un'onda in piedi su una di queste sottilette di legno non è per nulla semplice», racconta Tom, «l'assenza di pinne la rende estremamente veloce e reattiva ma la superficie è scivolosa, visto che non si usa cera e la carena deve essere spalmata con olio di cocco che la impermeabilizza e ne facilita la planata!» La popolarità degli Alaia è ulteriormente cresciuta da quando atleti come David Rastovich, Tom Carroll, Dan Malloy, Dane e Belinda Peterson hanno iniziato ad usarle con regolarità. Tom stesso ne ha modificato varie volte lo shape per migliorarne la funzionalità. «Di dolito ne sagomo una di dimensioni notevoli, poi ad ogni uscita in mare la ritocco con la pialla cercando di migliorare le linee. Quando diventa troppo piccola la regalo ad un amico e ne ricomincio un'altra. La differenza con le tavole moderne» continua Tom «sta nella percezione dell'onda e nel rapporto del surfista con la tavola. Essendo flessibili e sottili, le tavole si piegano a piacimento durante la planata, specialmente se usate in posizione prona. Alla fine di ogni curva il legno ritorna nella posizione originale rilasciando una gran quantità di energia che si trasforma in velocità. Il bordo agisce come una lunga pinna ed il bottom piatto ti tiene a stretto contatto con la parete. Anche un'onda piccola, presa con un Alaia, regala forti emozioni. Sono tavole divertentissime che ci raccontano molto sul nostro passato. Avrei voluto scoprirle trent'anni fa!»

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